Penso troppo e non vivo più!

DOMANDA

Cara dottoressa,

ho 23 anni e da sempre sono una persona ansiosa. Fin da piccola mi fisso sulle cose più strane e disparate, nel senso che qualsiasi cosa mi può scatenare dubbi e paure su cui poi mi fermo a rimuginare. Da questioni banali: da “avrò detto qualcosa di sbagliato?” a domande sul senso della vita, alla paura di aver inconsapevolmente ferito qualcuno. Tutto questo turbinio di pensieri si è un po’ quietato quando al liceo mi sono innamorata e fidanzata. Mi sentivo addirittura rinata, fino a quando non ho cominciato a mettere in dubbio la mia storia, dato che non sentivo più le stesse sensazioni. Poi ho cominciato l’università che tanto desideravo: con tanto impegno e sacrifici economici della mia famiglia sono riuscita ad entrare a medicina. Ora però non mi sento felice e nuovi dubbi riprendono feroci. Avrò scelto troppo superficialmente? E se avessi optato per un’altra facoltà? Tutti questi pensieri non mi danno tregua. Il mio ragazzo e la mia migliore amica mi dicono che passerà, ma sento che sto anche deteriorando il rapporto con loro a furia di stressarli con le mie paranoie. Come posso fare per non avere più questi pensieri?

Francesca

Risposta

Cara Francesca,

il suo problema si fonda sulla psicotrappola del ragionamento perfetto, in cui si tenta di ricondurre ogni situazione al controllo di una logica rassicurante e incontrovertibile, come in una sorta di “perversione dell’intelligenza” (G. Nardone) . L’idea di fondo è che, applicando la logica, si possano affrontare tutti i problemi e le avversità della vita. Se, in linea di massima, questa modalità è decisamente sensata, d’altra parte esistono una miriade di situazioni in cui non calza. In molte delle questioni umane, per quanto ci si possa ragionare su, non si potrà mai arrivare ad una risposta assolutamente certa: “e se non lo amassi più?”, oppure  “potrei diventare pazzo?”, “sarò una buona madre?”, “avrò fatto la scelta giusta”?

La vita contempla un certo margine di incertezza con cui bisogna inevitabilmente fare i conti. I problemi, quindi, cominciano quando quest’ansia genera un dubbio e la persona, per sentirsi rassicurata, non può fare a meno di cercare una risposta “certa”.

Così, il tentativo di rispondere con il ragionamento a una domanda non risolvibile con la pura logica, apre la strada a nuovi dubbi e si finisce col perdersi in un labirinto di domande e risposte potenzialmente senza fine. E l’ansia dilaga.

Il processo è fallimentare anche perché, con questa iper-razionalizzazione, ci si sfinisce e si alterano le sensazioni, si “inquinano” i vissuti emotivi rendendo così ancora più tenace il dubbio che non permette più di vivere nel “qui e ora”.

Le cose peggiorano quando si coinvolgono le persone vicine nel tentativo di ottenere ulteriori rassicurazioni. Così facendo, al contrario di quanto il buon senso comune ci insegna, dopo un primo iniziale sollievo, l’ansia si alimenta ulteriormente. La prima cosa da fare è quindi interrompere la richiesta di rassicurazioni esterne.

In secondo luogo, è fondamentale spezzare questo circolo vizioso tra domanda e risposta al fine di riorientare il dubbio patologico verso un cambiamento operativo.

A questo proposito le consiglio di intraprendere un percorso con uno psicologo ad orientamento breve strategico.

Un caro augurio,

Dott.ssa Gloria Bezzegato

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